domenica 25 luglio 2010

Lasagna Blues

Sono una goccia di pioggia caduta nel lago Itasca. Prima di essere goccia sono stata lacrima. Poi sarò mare.
Per arrivare a New Orleans sospinta dal grande padre Meschacebé, impiegherò 90 giorni.
Dovrò passare da Minneapolis, Davenport, St. Louis, Memphis, Batoun Rouge ed infine perdermi - passata New Orleans - nella corrente del Golfo che mi porterà chissà dove.
Che strana la vita…
Lo so, lo devo fare. Tutte le gocce di pioggia prima di me lo hanno fatto. Tutte hanno corso, rallentato, saltato, schiumato sino apparentemente a dissolversi per formare il mare.
Lo so, è il mio dovere. Ne va del mare.
Ma non può essere tutto qua. Qualcosa di altro deve pur esserci. E se non c’è, ce lo voglio mettere.
Padre Meschacebé, lascia che giunga al mare a modo mio. Chiedo solo di avere il mio tempo: lo prometto e lo giuro, giungerò al mare. Ma dammi la possibilità di arrivarci a modo mio.
Non chiedo molto. È questione di ritmo.
Avrei voglia di rallentare a Greenville, saltare nella borraccia di B.B King e stare sul suo bus fino a Mayerville per sentirlo sussurrare The trill’s gone. Vorrei anche poter risalire il fiume. E risalendo, risalire il tempo e riuscire ad impigliarmi tra i capelli di Son House che fa il bagno a Riverton, sostarvi abbastanza per sentire lui e le sue mani cantare John the revelator e riprendere il mio cammino non appena il caldo lo porterà a tuffarsi nuovamente. Te l’ho giurato che sarò mare: concedimi allora per un attimo di risalire.
Poi continuerei a scorrere avendo come sponde la musica: Caledonia, Sweet home Chicago, Call it stormy Monday, Every day I’ve the blues… Tutte canzoni che i musicisti di questa terra chiamano «standard». Correrei al mare pensando che nel blues viene comunemente chiamato «standard» un tema musicale molto noto che col tempo è divenuto un classico della musica. E passarei da Vicksburg e sentirei il grasso basso di Willy Dixon suonare Hoochie Coochie Man. E poi passando come spruzzo davanti al Paine Lake mi ricorderei di aver sentito suonare questo standard da Muddy Waters, Jimmy Hendrix, Buddy Guy e Eric Clapton, The Allman Brothers Band, ancora Eric Clapton: in genere ogni bluesman ripropone la propria versione di uno standard secondo il proprio sentire stravolgendo totalmente un brano o apportando a questo graduali variazioni: variazioni armoniche, melodiche e ritmiche, improvvisazione, strumento musicale. Che meraviglia il blues mi direi. E rallenterei. E rallentando immerso in questi suoni mi renderei conto che la musica di questa terra mi farebbe pensare al cibo. Mi farebbe pensare che anche nella cucina italiana esistono gli «standard». Cosa sono Lasagna, Ragù, Pane, Parmigiana di melanzane, Peperonata, Pasta alla carbonara se non degli «standard gastronomici»? Sono piatti molto noti che col tempo sono divenuti dei classici della cucina italiana: ognuno poi li prepara secondo il proprio sentire stravolgendoli totalmente o apportando loro graduali variazioni.
Ecco antico padre Mescachebè, forse la cucina ed il blues raccontano questa naturale maniera per arrivare al mare in modo libero: variare secondo il proprio sentire. È solo questione di ritmo.
Che meraviglia cucinare.
Ho ancora molto fiume davanti a me, continuo a scorrere.



Questa interpretazione di quel meraviglioso standard della cucina italiana che si chiama Lasagna, è nata in un luogo che è stimolo per me : il Quoquomuseo del gusto. Qui mi si propongono continuamente domande a cui mi dà gioia rispondere. È un luogo in cui il cibo non è soltanto cibo.

Allora, cominciamo a cucinare per 12 persone. Ci vogliono la giusta quantità di lasagne fatte a mano e tirate molto finemente. Poi ci vuole della besciamella aromatizzata all’origano fatta con un litro di latte, 90 g di burro e 90 g di farina. Anche alcune manciate di parmigiano reggiano grattugiato (ma va bene anche il grana). 1 Kg di cipolle dorate e 3 Kg di foglie di scarto di rape. Già, perché quel giorno la questione al Quoquomuseo era: come utilizzare gli avanzi o scarti in cucina?
Avete mai fatto caso a quante foglie di rape vengono eliminate durante la pulitura perché troppo “grandi” e quindi fibrose, amare e dure? Bene. Usiamole invece di scartarle. Altrimenti, a cosa servono i cuochi e l’alchimia che maneggiano?
Si tagliano a julienne grossolana le foglie cui si uniscono le cipolle tagliate altrettanto grossolanamente. Si prende una capace padella, vi si adagia un tappeto di olio extravergine di oliva. Si pongono le verdure dentro e solo a quel punto si accende il fuoco. Le rape non devono soffriggere. Le rape prima devono stufare e poi soffriggere. E per questo non occorre alcun accorgimento, ci pensano le rape stesse: fino a che cacciano acqua, stufano. Quando l’acqua si è ritirata, soffriggono.
Fate anche bene attenzione a quando le rape “piangono”. C’è piangere e piangere. C’è un piangere che sa di bizza di bambino: in questo caso, non curatevi delle rape. C’è poi un piangere che è richiesta di aiuto: allora è giunto il momento di aver cura delle rape e cominciare a muoverle nella padella. In questo mutare del piangere, le rape si saranno notevolmente ridotte di volume. Ci vuole circa un’ora prima che la salsa di rape sia pronta. Poi sale e pepe nero.
Nel frattempo, se non lo avete già fatto, è tempo di preparare la pasta: uova, farina e muscoli. Una volta pronte si cuociono in acqua salata e si asciugano su dei panni di cotone che non profumino di Coccolino o Muschio Bianco…
C’è tempo anche per la besciamella, che però vuole un tempo tutto per sé. Non ammette distrazioni.
Una volta che tutto è pronto, comincia la fase di composizione.
Si unge velocemente il suolo della teglia con la salsa di rape e poi in sequenza: lasagne, besciamella (senza abbondare. Le lasagne cotte, non devono sudare), salsa di foglie di rapa, formaggio grattugiato. E poi ancora lasagne, besciamella, salsa e formaggio. Io in tutto l'ho fatto quattro volte. Ma anche tre può andare: a me le lasagne-grattacielo non piacciono.
Pronta la teglia, il forno aspetta a 190°. Si infornano le lasagne e si attende che il formaggio sulla superficie caramelli e assuma quel tono di color marrone che è tipico del fungo porcino.
Non ci sono tempi determinati quantitativamente nella lasagna. Come non ci sono nel blues. È l’intenzione; è la sensibilità; è ciò che si ha da comunicare; è l’esperienza dei sensi che detta il movimento.
E così oggi, in questa ricetta i tempi di cottura sono il piangere delle rape, l’addensarsi della besciamella, il colore del formaggio.

Quanto vorrei che la mia cucina avesse il sapore di Son House.


Con sapore,
Biso

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