Monteroni. Monteroni è un paese in provincia di Lecce. È un paese molto vicino a Lecce. È un paese dove ho trascorso alcuni giorni della mia vita. Ricordo di averci scritto storie su di un rotolo di carta igienica. Ricordo di averci visto battezzare una fata con un canto alla luna. Ricordo di averci parlato così tanto da far venire la muffa sui muri. Ricordo con grande piacere. E sono quel tipo di ricordi che impregnano lo sguardo felice. Ma non ricordo di averci mai cucinato.
Ed allora cosa c’entra Monteroni in tutto ciò? Assolutamente niente.
Questa ricetta è nata casualmente a Montorsoli in provincia di Firenze. Dovrebbe dunque chiamarsi «Sedanini di farro alla Montorsoli». Ma non c’è modo: io ed il mio cervello ci stiamo ostinando a chiamare questo piatto « Sedanini di farro alla Monteroni».
Sarà per il «Monte» comune…
«Madonna oggi un c’ho proprio nulla pe’ favvi da mangiare. Ossuvvia Biso, e ttu sei cuoco… aiutami…». Cominciano sempre così i più bei momenti in cucina. Stavolta accadeva con il suono della voce di Valentina. Valentina di Montorsoli, appunto. Pare normale che un medico si adoperi per aiutare chi si senta improvvisamente male. E se accade per strada, che lo faccia senza stare a discutere per i mezzi a disposizione in quel momento. Chi sceglie di fare il medico, queste situazione di emergenza e di pressione credo le metta in conto. Anzi, credo lo senta come un dovere: ne va della vita delle persone. Perché allora un cuoco non dovrebbe adoperarsi per aiutare chi all’improvviso si senta sprovvisto di buon cibo senza fare troppe storie riguardo agli ingredienti? Il giorno che si sceglie di fare il cuoco queste situazioni di emergenza e di pressione le dobbiamo mettere in conto. Anzi, le scegliamo proprio. Le prediligiamo. Di più, è un dovere: ne va della felicità delle persone.
Cosa si fa in questi casi? Semplice, si apre il frigorifero. Quel giorno: latte parzialmente scremato, radicchio rosso e gorgonzola. Ci si guarda un po’ in giro per la cucina. Quel giorno: scalogni, sale fino, sale grosso, pepe nero macinato, arance, zucchero grezzo di canna, aceto, limoni, olio extra vergine di oliva, pasta secca corta, pasta secca lunga. Quel giorno: niente aglio. E poi si gioca la lotteria delle pentole. Quel giorno: due padelle, una pentola per la pasta ed un pentolino per il latte. Infine i coltelli e i taglieri. Quel giorno: uno di entrambe.
Non si può certo dire che in cucina il numero di ricette possibili sia proporzionale al numero di ingredienti a disposizione. Sono molte comunque le soluzioni. E trovare una soluzione in cucina vuol dire raccontare una storia che dia ordine e sequenza agli ingredienti coinvolti. Quel giorno: era autunno. Ed era Autunno sull’Appennino Toscano: avevo voglia di sottobosco profumato. La storia: c’è Gorgonzola con il suo corredo di sentori autunnali che reclama. Reclama a sé il boscaiolo Alloro. Per il loro avvicinarsi, un colore si sveglia: il rosso/marrone di certe sfumature dell’Autunno sugli Appennini. Dentro a questo colore ci stavano accovacciati il radicchio ed il vino rosso. Erano rannicchiati perché si stavano preparando all’inverno. Si unirono agli altri. Il rischio che questa compagnia radunatasi nel bosco diffondesse intorno spiccata amarezza, era alto. Tutta gente di montagna, destinata all’inverno: tutta gente marcatamente amara. Il rischio era che non socializzassero, in definitiva. Giunse allora da terre lontane lo Scalogno in compagnia dello Zucchero Grezzo di Canna. Si avvicinarono per mediare, ma non furono compresi. Diametralmente opposti al freddo dell’inverno. Incomprensibili per questa gente di montagna. Si sarebbero rotte le righe, se non fosse stato per l’improvviso arrivo delle Arance con la loro dolce solarità invernale: le Arance raccolgono la solarità esausta del Sole di fine Estate, la rigenerano, la rinfrescano e la accompagnano custodendola e diffondendola dolcemente sino a che non giunge Primavera. Poi vanno in letargo, d’Estate. Le arance sono dolcemente felici solo d’Inverno: ad ognuno la sua stagione. Alla fine Scalogni, Zucchero e Arance si abbracciarono al radicchio, l’alloro, il vino rosso ed alcuni altri scalogni riuniti insieme. Arrotondava il tutto l’abbraccio avvolgente del gorgonzola aiutato dal latte parzialmente scremato. In mezzo a questi abbracci, ricordi di spighe di grano.
Quel giorno sciolsi una mezza fetta di gorgonzola dolce (circa 150 g.) nel latte parzialmente scremato sino ad ottenere una consistenza di una fonduta. Nel frattempo pulii, lavai e tagliai a listarelle 1 cesto di radicchio rosso. Piansi affettando sottilmente 4 scalogni di media grandezza. Presi le padelle: in entrambe disegnai qualche cerchio con l’olio extra vergine di oliva. Presi prima la padella di sinistra, la misi sul fuoco e feci scaldare il filo d’olio. Vi aggiunsi 3 degli scalogni affettati. Li feci andare sino a che non diventarono traslucidi. Aggiunsi un cucchiaio di zucchero grezzo di canna. Feci caramellare e poi aggiunsi il succo spremuto da mezzo arancio. Feci ritirare il liquido. Avevo pronti i miei scalogni agro-caramellati. Misi a bollire l’acqua per la pasta e su l’altro fornello a scaldare l’olio nell’ultima padella rimasta, quella di destra. Ad olio caldo lasciai appassire l’ultimo scalogno affettato. Tempo di ammorbidirsi, aggiunsi il radicchio rosso sostenuto da una foglia di alloro. Lo aiutati a cuocere lentamente offrendogli di tanto in tanto un po’ di vino rosso. In totale un bicchiere di buon Chianti. Quando l’acqua prese a bollire, buttai la pasta: eravamo in tre, per cui 240 g. di penne rigate. Scolai la pasta e la saltai nella padella con gli scalogni agro-caramellati sino a che non avevo raccolto tutta la salsa, magari aiutandomi con un po’ di acqua di cottura della pasta. Fatto questo aggiunsi il radicchio cotto. Mescolai bene. Il tempo di versare la fonduta calda di gorgonzola a specchio nei piatti; di adagiare la pasta condita al centro della fonduta. Eravamo a tavola. Valentina era felice. Sabrina pure. Io anche.
Con sapore,
Biso
Con sapore,
Biso
P.S.: poi successivamente ho assestato i sapori riproponendo il piatto con sedanini di pasta fatta in casa con la farina di farro. E così anche quel ricordo di fieno che mi passeggia nel naso quando penso all’Autunno sull’Appennino Toscano, si è accasato.
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