La
lettera bucata
Territorio: causalità, simultaneità
Territorio: causalità, simultaneità
terzo
incontro di fuoco nomade 2013
«
[...] Questa esperienza lo portò a vedere ogni scritto
compiuto come una lettera a cui mancava una frase: come
una lettera bucata. Come una poesia con un verso
mancante. E cominciò ad aggiungere capitoli a libri,
versi a poesie, strofe a canzoni. Le poesie che più amava
erano quelle cui mancava un verso. Poi imparò che a tutte
le poesie manca un verso: è il verso che noi dobbiamo
aggiungere. E quando non gli bastavano le parole, ne
inventava. Diceva che la vita non è adeguarsi, ma
ampliarsi. Il problema dell’io non è quello di
dissolversi, ma quello di ampliarsi. Il problema della
ragione non è dissolversi, ma ampliarsi. Il problema della
disciplina non è dissolversi ma ampliarsi. Il problema
della tradizione non è dissolversi, ma ampliarsi. Dare
senso è ampliarsi. Così aveva vissuto: aggiungendo se
stesso alla storia che lo trasportava. Aveva vissuto
avendo per orizzonte una lettera bucata
[...] »
Admir Shkurtaj (pianoforte,
fisarmonica, oggetti e suoni)
Biso
(sapori)
presso Foyer dei Cantieri Teatrali Koreja, Lecce
martedì 23 aprile, ore 20:30
presso Foyer dei Cantieri Teatrali Koreja, Lecce
martedì 23 aprile, ore 20:30
La forma sarà quella di una cena che lasci aperto uno spazio per le incursioni dell’atto creativo dell’ospite. Ogni volta sapori, suoni, colori, profumi, consistenze nasceranno dall’incontro con un compagno di passeggiate diverso. Passeggiate reali. La speranza è quella di produrre nel dialogo e nella relazione un atto poetico unitario di cui essere tutti partecipi.
Un atto poetico in cui ci sia continuità tra sapori, gesti, segni, voci, suoni, consistenze, profumi.
Le cene/atto creativo verranno ospitate e apparecchiate nel foyer dei Cantieri Teatrali Koreja a Lecce.
info e
prenotazioni:
info@cucinameridiana.com
info@teatrokoreja.it
tel. : +39.0832.242000
+39.0832.240752
Admir Shkurtaj, il riformatore albanese
di Mauro Marino
La prima volta che l'ho visto su un palco
fu molti anni fa, primi anni Novanta, quando i Ghetonìa di
Roberto Licci e Salvatore Cotardo avviarono la
"rivoluzione"... Admir Shkurtaj era da poco giunto in
Italia, in Puglia, con la prima Albania che tornava
ad abitare nel Salento approfittando e favorendo i
capovolgimenti del Mondo. Pochi ricordano, presi a far
"storia" con gli scampoli delle cronache, ma molte cose
iniziarono, anzi ri-iniziarono, con la testardagine dei
"calimeresi" che, presi dal desiderio greco dell'andare
avanti rimanendo affezionati al sè (che non è sempre e
solo la Radice) da buoni esecutori e ascoltatori di suoni
si misero a far sintesi, ed ecco, che vennero le prime
innovazioni sulla scena della musica popolare di casa
nostra: un albanese attrezzato di fisarmonica e una donna
messa in front-line (magari con giubottino di pelle rossa,
era Emilia Ottaviano) non a decoro coristico e a supporto
della voce dellu masculazzu... et voilà la strada era
aperta e via...
Insomma, la chiave, la sostanza, a mio modesto avviso, è in quel giovanotto ombroso e taciturno che aprì alla contaminazione, anzi no, meglio: ad un sentire comune che faceva spazio alla sensibilità dello "straniero" per far musica.
Nei Ghethonìa del tempo c'era già il sassofono del su citato Cotardo che appena poteva svisava in morbidezza nell'incanto di "fughe" che, alle parole, prestavano il paesaggio, lo sfondo, l'inquietuzine del jazz. Materia aperta quel far musica capace di sintesi, una formazione colta che, sull'onda lunga del la ricerca folklorica era pronta ad accompagnare il Salento verso il valico di fine Novecento.
Molto era stato compiuto e tanto sarebbe accaduto... Di quel tanto... molto è dovuto a Admir Shkurtaj...
Un gusto musicale, quello della sua terra d’origine fatto, di aperture corali, di scelte ritmiche, tonali e armoniche che molto concedono alla danza, alla coralità ma con Admir giunge in Salento anche l'impronta di una cultura musicale capace di alta formalizzazione. Quella elaborata "paraticando" il rigore dei Conservatori Musicali d'oltreadriatico... lì non era uno scherzo studiare, fare arte. Disciplina e osservanza ci volevano, per servire il popolo ma anche per far rifugio al sentire dissidente. Non è sempre stata l'arte la prima ad agire il cambiamento? Lo sapevano anche loro nei Conservatori e nelle Accademie d'Albania studiando, studiando si prparavano... Lo sapeva Admir Shkurtaj che con quel groviglio di cognome (che prima d'impararlo a scriverlo...) partì e fu per noi un dono.
Adesso dopo tante esperienze lui - "talea" che ha fatto impianto - matura "Mesimér" un solo al pianoforte, accolto e prodotto da Anima Mundi (e da chi altri se no?). "Il mio primo amore per la composizione è stato Béla Bartók. - racconta Admir - Se nati e cresciuti in Albania è impossibile non essere legati alla tradizione musicale, a una così ricca tradizione. Abbiamo sempre visto l'infinito nella tradizione. Per quanto cerco di staccarmene e di incoraggiare altre forme di “amore per il suono”, lei appare sempre. Si mimetizza persino nello stridolio della porta arrugginita, nelle gocce d'acqua sulle superfici metalliche, nella somma del vociferare nelle strade. Si possono però intraprendere percorsi dai punti sparsi della propria esistenza. La materia te lo permette. Bisogna solo aprire le orecchie! Le proprie e di chi ascolta".
Non ho ancora sentito il disco mi affido delle note che lo accompagnano e con voi leggo: "Admir Shkurtaj, strumentista e compositore, vive il Salento ormai da vent'anni, tanto da conoscerne profondamente la cultura e da poterla percorrere nei rivoli più sotterranei. Come fa qui attraverso i temi di musica popolare che smonta e ricostruisce suono su suono, con la sua poetica centrata sul “gesto”, sulla “fluidità” del pensiero musicale e sulla “sceneggiatura sonora”. Le semplici melodie assumono di colpo sembianze insospettate, in un viavai continuo di travestimenti e rivelazioni".
Insomma, la chiave, la sostanza, a mio modesto avviso, è in quel giovanotto ombroso e taciturno che aprì alla contaminazione, anzi no, meglio: ad un sentire comune che faceva spazio alla sensibilità dello "straniero" per far musica.
Nei Ghethonìa del tempo c'era già il sassofono del su citato Cotardo che appena poteva svisava in morbidezza nell'incanto di "fughe" che, alle parole, prestavano il paesaggio, lo sfondo, l'inquietuzine del jazz. Materia aperta quel far musica capace di sintesi, una formazione colta che, sull'onda lunga del la ricerca folklorica era pronta ad accompagnare il Salento verso il valico di fine Novecento.
Molto era stato compiuto e tanto sarebbe accaduto... Di quel tanto... molto è dovuto a Admir Shkurtaj...
Un gusto musicale, quello della sua terra d’origine fatto, di aperture corali, di scelte ritmiche, tonali e armoniche che molto concedono alla danza, alla coralità ma con Admir giunge in Salento anche l'impronta di una cultura musicale capace di alta formalizzazione. Quella elaborata "paraticando" il rigore dei Conservatori Musicali d'oltreadriatico... lì non era uno scherzo studiare, fare arte. Disciplina e osservanza ci volevano, per servire il popolo ma anche per far rifugio al sentire dissidente. Non è sempre stata l'arte la prima ad agire il cambiamento? Lo sapevano anche loro nei Conservatori e nelle Accademie d'Albania studiando, studiando si prparavano... Lo sapeva Admir Shkurtaj che con quel groviglio di cognome (che prima d'impararlo a scriverlo...) partì e fu per noi un dono.
Adesso dopo tante esperienze lui - "talea" che ha fatto impianto - matura "Mesimér" un solo al pianoforte, accolto e prodotto da Anima Mundi (e da chi altri se no?). "Il mio primo amore per la composizione è stato Béla Bartók. - racconta Admir - Se nati e cresciuti in Albania è impossibile non essere legati alla tradizione musicale, a una così ricca tradizione. Abbiamo sempre visto l'infinito nella tradizione. Per quanto cerco di staccarmene e di incoraggiare altre forme di “amore per il suono”, lei appare sempre. Si mimetizza persino nello stridolio della porta arrugginita, nelle gocce d'acqua sulle superfici metalliche, nella somma del vociferare nelle strade. Si possono però intraprendere percorsi dai punti sparsi della propria esistenza. La materia te lo permette. Bisogna solo aprire le orecchie! Le proprie e di chi ascolta".
Non ho ancora sentito il disco mi affido delle note che lo accompagnano e con voi leggo: "Admir Shkurtaj, strumentista e compositore, vive il Salento ormai da vent'anni, tanto da conoscerne profondamente la cultura e da poterla percorrere nei rivoli più sotterranei. Come fa qui attraverso i temi di musica popolare che smonta e ricostruisce suono su suono, con la sua poetica centrata sul “gesto”, sulla “fluidità” del pensiero musicale e sulla “sceneggiatura sonora”. Le semplici melodie assumono di colpo sembianze insospettate, in un viavai continuo di travestimenti e rivelazioni".
Admir Shkurtaj - Agapimu fidela protiní # 1 e 2 http://www.youtube.com/watch?v=MwCY-X0C1_0
Admir Shkurtaj - Aspro to chartí
http://www.youtube.com/watch?v=gu88PGHjiOY
Admir Shkurtaj - http://www.youtube.com/watch?v=4k32gIy75a8
Admir Shkurtaj - Mesimer
di Salvatore Esposito (blogfoolk)
"Il mio primo amore per la composizione è stato Béla Bartók. Se nati e cresciuti in Albania è impossibile non essere legati alla tradizione musicale, a una così ricca tradizione. Abbiamo sempre visto l'infinito nella tradizione”, così il musicista e compositore albanese, ma salentino di adozione, Admir Shkurtaj scrive nelle note di copertina di Mesimér, il suo album di debutto come solista, proprio ad evidenziare quel rapporto fortissimo che lo lega alla tradizione musicale della sua terra. Dopo aver iniziato la sua formazione musicale a Tirana, Shkurtaj nel 1991 si trasferisce a Lecce e da allora e ha intrapreso un personale percorso di ricerca che lo ha condotto attraverso lo studio del jazz e della musica contemporanea, passando per gli incroci tra la tradizione musicale salentina e quella balcanica. Proprio lui, infatti, è uno dei protagonisti di quel filone balkan salentino che ha visto in Opa Cupa, Talea e Ghetonìa, le sue massime espressioni. Proprio con il gruppo di Roberto Licci e Salvatore Cotardo, il musicista albanese, imbracciando la fisarmonica, diventa determinante per la caratterizzazione del loro sound, che li vede rileggere la tradizione della Grecìa Salentina attraverso la luce riflessa dei suoni provenienti dall’altra sponda dell’Adriatico. Il suo stile è così permeato dal suono della Terra delle Aquile, come scrive lui stesso: “E’ un fatto quasi inconscio, come scrive lo stesso Shkurtaj: “Per quanto cerco di staccarmene e di incoraggiare altre forme di “amore per il suono”, lei appare sempre. Si mimetizza persino nello stridolio della porta arrugginita, nelle gocce d'acqua sulle superfici metalliche, nella somma del vociferare nelle strade. Si possono però intraprendere percorsi dai punti sparsi della propria esistenza. La materia te lo permette. Bisogna solo aprire le orecchie! Le proprie e di chi ascolta”. Non ci sorprende, così, che per il suo disco di debutto Admir Shkurtaj abbia scelto di condurci nel cuore della sua ispirazione, e per farlo ha utilizzato un semplice pianoforte, selezionando tredici brani ed incidendoli nella Masseria Santa Lucia, nel borgo fantasma di Macurano, nelle campagne di Alessano (Le). Una scelta quest’ultima non casuale tanto per la bellezza e la suggestione del luogo, quanto per l’acustica, che esalta l’evocatività di ogni singola nota suonata. Brani autografi, canti tradizionali e pizziche vengono così destrutturate e ricostruite attraverso i canoni del jazz d’avanguardia e il peculiare stile pianistico del musicista albanese. Durante l’ascolto brillano l’inziale “Hyrie” firmata dallo stesso Shkurtaj, che ci introduce a due immaginifiche variazioni di “Agapimu Fidela Protini”, e alla splendida rilettura di “Aspro To Chartí”, tutte firmate da Salvatore Cotardo e provenienti dal repertorio dei Ghetonìa. Si prosegue con la “Tarantella del Gargano”, e il tradizionale greco “Selfo”, la cui esecuzione è ispirata da una copia de Il Manifesto del 21 gennaio 2012. Si torna al Salento prima con “To To To”, poi con “Comu è Bellu Cu Bai Pe' Mare”, in cui brilla l’ottimo assolo tra le due strofe, caratterizzate da una tonalità diversa da quella della melodia, fino a toccare la bella resa di “Kali Nifta” la cui melodia si apre alle influenze della rumba balcanica. Il vertice del disco è rappresentato da “Pizzica di Santa Lucia”, la cui rilettura si basa sul concetto di “gesto” con le dita che si rincorrono in modo naturale sulla tastiera seguendo il fluire dell’ispirazione, e la Pizzica di San Vito, dedicata all’indimenticato Giandomenico Caramia, e che si caratterizza per la particolarità della struttura che segue una immaginaria sceneggiatura sonora con cinque parti che si alternano. Suggella il disco la bella riproposizione di Luna Otrantina di Daniele Durante, le cui atmosfere notturne richiamano lo splendido cielo stellato salentino. Admir Shkurtaj con Mesimér ha dato vita ad un disco fascinoso ed originale da cui traspare non solo tutto il suo percorso musicale, ma anche la sua ricerca tra il suoni della musica contemporanea e del jazz.
Io cucinerò.
Un abbraccio.
Con sapore,
Biso
Un abbraccio.
Con sapore,
Biso
info e
prenotazioni:
Vorremmo fossero esperienze collettive e
per questo vi chiediamo una ritualità che comincia dalla
puntualità: è un cammino che vogliamo fare insieme partendo
ogni volta alle 20:30. E vi chiediamo di darci una mano
nell’organizzazione prenotando per tempo entro sabato 20
aprile.
Cena/atto creativo: euro 25,00 a persona.
Numero massimo partecipanti 40 persone.
Cena/atto creativo: euro 25,00 a persona.
Numero massimo partecipanti 40 persone.
a cura di:
Cucina Meridiana
www.cucinameridiana.com
fb: cucina meridiana
in collaborazione con:
Cantieri Teatrali Koreja
Via G. Dorso, 70 - Lecce
www.teatrokoreja.it
fb: cantieriteatralikoreja